Silvia Faieta - Natascia Raffio
“Myra il tuo Pop”
Myra nel tuo intimo, e diventerà evidente
La transessualità è chiamata anche "Disforia di Genere", ed è da sempre esistita.
Nell'antica Roma, i "Gallae" erano i devoti al culto della Dea Cibele. Costoro erano iniziati al sacerdozio di questa divinità tramite la castrazione pubblica. Una volta abbracciato il culto in via definitiva, come atto rituale i Gallae correvano lungo le strade e gettavano i loro genitali estirpati nelle case. Chi riceveva questi resti li considerava una grande benedizione, e in cambio doveva curare il Gallae fino al pieno ristabilimento fisico.
Genere e sesso sono cose completamente separate, sebbene i termini siano spesso considerati (dai meno attenti) intercambiabili. Il sesso è una forma e una funzione fisica, mentre il genere è una componente dell'identità. Una sovrapposizione tra i due non solo è legittima, ma anche possibile in quanto il cervello è strutturato in modi differenti. Ed è il cervello a elaborare l'identità.
Ci si può raffigurare una metamorfosi dei vari aspetti dell’identità personale in relazione all’identità sessuale, e - ponendo l’interesse sugli effetti psicologici di questa trasformazione - si può ben immaginare la dicotomia che ne nasce. Da una trasformazione, infatti, avviene la ri-configurazione dell'uomo. Senza trasformazione, non può esserci sviluppo. Ne è testimone la storia del divenire umano, nel bene e nel male: sia pure intesa in senso vichiano (corsi e ricorsi storici), la storia è frutto di continue trasformazioni che sovente si materializzano in simboli, veicolo della trasformazione stessa. Se certi simboli sono da sempre inconsci, altri lo sono divenuti: a volte il contenuto di un simbolo è oscuro agli stessi che vi fanno automaticamente ricorso per veicolare contenuti filogenetici e ontogenetici.
Ogni simbolo possiede due o più significati. Oltreché appartenere all'ordine mentale e semantico, il simbolo si radica piuttosto nella sfera sensoriale percettiva, la prima presente nell'essere umano. È da lì che inizia la costruzione del mondo. Ed è tramite la simbologia che ne deriva che il fruitore può connettersi al lavoro di queste due artiste, dissimili nello stile ma conformi nella vita. Il loro intento è lo svelamento dell’intreccio tra evidente e nascosto. Questi due aspetti del reale si mescolano insieme, come avviene nel confluire delle acque, ma il nascosto può essere raggiunto solo oltrepassando ciò che si vede.
Silvia Faieta, disegnatrice, con la sua biro su carta ricrea l’emisfero nascosto di un mondo che, per quanto nostro, dobbiamo essere spinti a osservare un po’ più a fondo, ogni volta, per poterlo cogliere nella sua mutevolezza.
Natascia Raffio è un’artista eclettica. Portatrice di temi mai scontati, spazia dalla pittura alla grafica per creare scenari dalle molteplici forme e dai cromatismi camaleontici.
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